Negli ultimi decenni, l’aumento del costo dell’energia, unito alla crescente importanza dell'ecologia e alla sensibilizzazione delle coscienze verso le tematiche ambientali hanno dato un forte impulso allo sviluppo degli impianti a biogas e a biomasse legnose, in quanto, con le loro caratteristiche di funzionamento permettono di risolvere in modo integrato diversi problemi ambientali.
Nell’ambito della rivoluzione energetica che sta caratterizzando l’attuale ventennio, numerosi studi (International Energy Agency, ONU) hanno individuato le biomasse legnose così come quelle di origine agricola come un a delle fonti energetiche rinnovabili con il più alto potenziale di sviluppo, anche in relazione alle potenzialità che possono ricoprire nella lotta ai cambiamenti climatici.
Da un punto di vista ambientale infatti, le biomasse sono una fonte energetica “CO2 neutrale” in quanto la parte di diossido di carbonio (CO2) emessa a seguito del loro utilizzo energetico è la stessa fissata dagli organismi vegetali attraverso i processi fotosintetici, perciò la sua immissione in atmosfera non crea alterazioni nel ciclo del carbonio. Anche tenendo conto della cosiddetta “energia grigia”, ovvero l’insieme dei costi energetici sostenuti lungo la filiera di produzione delle biomasse, si ottiene comunque un significativo risparmio di emissioni di CO2 rispetto ai combustibili fossili.
La produzione di energia dalle biomasse, o bioenergia, può sfruttare grande varietà di materiali, che secondo la legislazione italiana sono definite come: “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali ed animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani” (D.lgs. 29 dicembre 2003, N. 387).
Le biomasse, in funzione della loro origine possiedono caratteristiche moto eterogenee, che quindi si prestano ad essere sfruttate con diverse tecnologie, le quali si possono classificare in due grandi categorie: i processi termochimici e i processi biochimici.
Ad esempio, le biomasse legnose contengono molto carbonio (C) e poca acqua (H2O), rendendole adatte essere valorizzate attraverso processi di tipo termochimico per ottenere calore e/o elettricità.
Viceversa, come generalmente avviene caso delle biomasse di origine agricola e agroindustriale, se queste contengono molto azoto (N) e molta acqua, allora sono più adatte ad essere sottoposte ad un processo di tipo biochimico che trasforma le molecole organiche in metano ed anidride carbonica (biogas).
A livello italiano quasi un terzo della superficie nazionale è interessata da formazioni forestali che attualmente sono in gran parte sottoutilizzate in seguito alla diminuzione dei prelievi legnosi per fini energetici che si è verificata negli ultimi decenni. Secondo alcuni studi le foreste italiane conterrebbero un volume di legname stimabile in 1,5 miliardi di m3, mentre, secondo stime del Corpo Forestale dello Stato in media nel nostro paese si utilizzano circa 9 milioni di m3 di legname, pari a circa il 30% dell’incremento annuo.
Oltre ai vantaggi di tipo ambientale legati alla riduzione delle emissioni di gas serra lo sfruttamento per fini energetici delle biomasse legnose ha il vantaggio di utilizzare in modo economicamente vantaggioso tutto quel materiale ligneo di scarsa qualità tecnologica (residui dall'attività agroforestale e delle lavorazioni del legno) che altrimenti faticherebbe a trovare una collocazione remunerativa sul mercato del legno. Un significativo apporto di biomassa legnosa può derivare anche dal settore agricolo attraverso il riutilizzo di residui di potature (rami e cimali) e di altri residui di lavorazione, consentendo un recupero energetico di materiali di scarto il cui smaltimento altrimenti costituirebbe un onere per le aziende agricole.
Inoltre, le biomasse legnose per la loro localizzazione in aree rurali svantaggiate sono strettamente legate con lo sviluppo delle aree marginali, in cui la costituzione sul territorio di una filiera legno-energia, può rappresentare un’interessante occasione per rendere economicamente sostenibili molte pratiche di miglioramento selvicolturale e gestione del territorio, creando l’occasione per tornare a utilizzare realtà boschive oggi abbandonate innescando un processo virtuoso nelle economie locali.
Il biogas è una miscela di gas, composta principalmente di metano (CH4), ed anidride carbonica (CO2) che viene naturalmente prodotta dal processo di fermentazione anaerobica della sostanza organica dovuto all’attività metabolica di particolari microorganismi. La biomassa, una volta inserita in ambienti chiusi a temperatura controllata (i fermentatori), viene degradata dai batteri, che decompongono le molecole organiche complesse (carboidrati, proteine, grassi), trasformandole in biogas.
Il biogas prodotto può essere utilizzato per la produzione di energia elettrica e termica, attraverso un impianto a cogenerazione, oppure essere purificato (biometano) e immesso nella rete di distribuzione del gas, mentre dalle sostanze rimanenti (digestato) è possibile ottenere un fertilizzante liquido di alta qualità nonché un prezioso compost per migliorare la fertilità dei suoli.
Le biomasse che si possono utilizzare per la produzione del biogas sono le più varie: colture agrarie come il mais, o altri cereali, liquami e deiezioni animali, scarti delle lavorazioni agroindustriali, scarti alimentari o la frazione organica dei rifiuti solidi urbani.